COSA RESTA DELLA SCUOLA DI BARBIANA?

Il problema fondamentale della scuola è che non ha più fondamenta!




In ambito educativo si parla di apprendimento cooperativo, di meta-cognizione e di tanti concetti psicopedagogici difficili da afferrare a volte anche per gli stessi “addetti ai lavori”. Nel frattempo però molti dei nostri ragazzi non sono più capaci di leggere un brano ad alta voce, sono scarsi nel calcolo aritmetico e non sono rari i casi di coloro che non conoscono neppure le tabelline.

    Questo stato di cose mi fa pensare spesso al messaggio della Scuola di Barbiana contenuto nel famoso libro Lettera a una professoressa che era effettivamente di rottura nei confronti della scuola istituzionalizzata e mirava a una diffusione democratica della conoscenza. Domandiamoci però se questa rottura c’è veramente stata oppure – e il quesito è puramente retorico – è stata sostituita dall'azione corrosiva del più bieco conformismo. Un conformismo al ribasso, ovviamente! Un uso strumentale e distorto di alcuni principi realizzati nella loro originalità soltanto da Don Milani in quello sperduto angolo di campagna toscana; una loro “interpretazione” distorta che ha reso la didattica “dominante e dilagante” un ulteriore mezzo di alienazione, un paradossale e pesante incedere nell'ignoranza invece che un elemento di elevazione e di auto-consapevolezza.

    Inutile quindi riportare qui la metodologia “spicciola” di Barbiana. Le pratiche quotidiane "attuate" in quella comunità (e in quelle forme) non sono oggi replicabili; in altre e alternative modalità rischiano invece di portare all'effetto contrario rispetto a quello desiderato. I problemi sono molti, di matrice sociale e politica per la maggior parte. Apparentemente fa comodo a tanti avere una scuola distratta, mediocre, piatta … fondamentalmente inutile e, a volte, persino dannosa.

    La scuola di Barbiana aveva come uno dei principali obiettivi (non il solo però) quello di “formare” nuovi cittadini consapevoli, adeguati ai tempi e al lavoro e, soprattutto, donne e uomini liberi. La conoscenza era funzionale all'emancipazione. Le “cose” da imparare avevano sempre un’applicazione pratica perché il punto di partenza degli studenti era il più “pratico” di tutti: la terra. Erano figli di contadini e contadini loro stessi e, nella mente di Don Milani, erano ancora servi della gleba. Emancipazione, conoscenza, indipendenza: la scuola del nuovo millennio è riuscita a raggiungere anche soltanto in minima parte uno di questi obiettivi?

    La scuola oggi ha un problema fondamentale: non insegna più le basi della conoscenza. Ci si è ridotti a dare “un’infarinatura” di "questo e di quello" ma, alla fine, delle conoscenze basilari quasi nessuno si ricorda. Dell’analisi logica e grammaticale, dell'aritmetica e dell'algebra ecc. quando uno studente esce dalla scuola secondaria superiore, cosa si porta dietro? La didattica si è dis-persa nel gioco, nei progetti, nelle lezioni "partecipative" e/o spettacolarizzate. Di tutto questo i docenti sono più vittime che complici, almeno i docenti competenti ... e ce ne sono tanti. Altri però competenti non sono e, proprio per questo, risultano estremamente funzionali al cosiddetto “sistema”. Che poi altro non è che assecondare gli studenti nelle loro meno razionali richieste. Alla fine tutto il “sistema scuola” ha ceduto al ribellismo adolescenziale, allo sfaldamento delle famiglie, al pressapochismo e a una classe docente selezionata, nel corso di tutta la storia repubblicana, nel peggiore dei modi possibile. Ci si affida a modelli pedagogici e psicologici sbagliati, li si applicano in maniera approssimativa e ancor più erronea. Questa è una colpa che ricade però quasi interamente sul corpo docente universitario che dovrebbe dare il la a tutta la macchina educativa nazionale e, invece, propone a ripetizione il nulla, spesso condito con "l'inutilità dannosa" e forviante di pubblicazioni, convegni  e conferenze dei suoi rappresentanti più in vista. Di tutta questa armata Brancaleone a farne le spese sono i tanti docenti delle scuole primarie e secondarie che tutti i giorni sembrano trovarsi più che in cattedra, in trincea.

    Non che agli studenti non si insegni, al contrario, si insegna troppo. Quel che manca è dare loro delle priorità, porre le conoscenze in “modalità” gerarchica, far passare più tempo sulle cose fondamentali e meno su quelle “accessorie”. Purtroppo invece capita l’esatto contrario. C’è un’aria dei tempi che inquina, che fa intendere che la conoscenza importante è soltanto quella che ha “risvolti” pratici. Con la scusa della pratica, però, si è omesso di insegnare ogni contenuto teorico e significativo in senso “forte”. Oggi che nessuno (o quasi) degli alunni esce dal campo (non quello da gioco, ma quello coltivato) per entrare in aula, ridurre un apprendimento teorico indispensabile a un vacuo esercitarsi, a un giocherellare con la didattica, a cosa serve se non a raggiungere il risultato opposto a quello auspicato e cercato da don Milani?

Paolo Fabiani

Commenti

Post popolari in questo blog

Barbiana - Un percorso tra comico, introspezione e rinascita